COMMEDIA DIALETTALE
"NATALE AL BASILICO"
di Valerio di Piramo

DOMENICA 10.12.2023
ORE 15.30

ORATORIO DI ZONE
INGRESSO LIBERO



 

 
 
 

 

Zone sul lago d'Iseo

LE NOSTRE ORIGINI dall'enciclopedia Bresciana di D...

LE NOSTRE ORIGINI dall'enciclopedia Bresciana di Don Antonio Fappani


ZONE (in dialetto Su, Zu o Hu, in latino Zonae)
 
Centro montano (a m. 690 s.l.m.) sul versante nord-orientale del bacino del lago di Iseo. L’abitato si stende su un vasto ondulato altopiano alle pendici sud-orientali dei Corni Capreni (m. 1140 s.l.m.) percorso dal torrente Bagnadore, che scende dal Monte Guglielmo. Dista da Brescia km. 35. La strada principale, unica via moderna di collegamento di tutti i centri storici con il Lago d’Iseo, è la SP 32 proveniente da Marone dove si stacca dalla Provinciale 510 Sebina Orientale. Il territorio ha una superficie di kmq. 19,59 e confina con i comuni di Marone, Pisogne, Tavernole sul Mella e Marcheno. Le frazioni più importanti sono Cislano (Sislà) a km. 1,400 a S del capoluogo sul versante di sinistra della valle, Cusato (Cusàt) a O (km. 0,750) su un ripiano dominante la valle di Bòsen. Il comune fa parte della Comunità Montana del Sebino bresciano. La parrocchia dedicata a S. Giovanni Battista, il cui territorio coincide con quello comunale, è parte della Zona V Sebino.
L’altopiano, di origine glaciale-alluvionale, si stende su una roccia raybliana che si è formata quando i due ghiacciai, quello del Guglielmo e quello della Valle Camonica che, attraverso il valico di Croce di Zone e del monte Aguina, lasciarono quel deposito di materiale che lo coprì omogeneamente e che più tardi venne inciso dalle erosioni provocate da torrenti e da acqua piovana in modo da formare un intrico di terrazzi sui quali sorsero gruppi di abitazioni. L’erosione ha prodotto poi, nel territorio di Cislano, il singolare fenomeno delle “piramidi” (v. Piramidi di Zone). Affiorano nel territorio rocce della dolomia principale, calcari trianici, marne del trias superiore in banchi inclinati a sud-sud-ovest, di un vivissimo color rosso e azzurro. I massi erratici in questa località sono di bellissimo granito ghiandone con lamine di mica che si possono facilmente estrarre. Discendendo a Toline, nella località detta Sedergno, si trovano fossili caratteristici degli scisti del Raibl appartenenti al trias superiore. Tipica è una emersione di porfirite, sulla vetta del Guglielmo, proprio nelle vicinanze del monumento al “Redentore. La morena, con i suoi detriti portati dai ghiacciai, ricopre il fondo delle vallate, fin sopra il capoluogo, dove l’azione erosiva dell’acqua ha dato luogo alla formazione di caverne caratteristiche quali la Grotta di Croce in località Malpensata a quota m. 1237 s.l.m., la Grotticella sotto il roccolo di Aguina, e cavità come Quèi Recim, Quèl Fosco, Quèl de la Scadècla, Quèl del disertore. Abitanti (zonesi, nomignolo aocàcc): 620 nel 1493; 930 nel 1567; 750 nel 1573; 1000 nel 1610; 1000 nel 1659; 820 nel 1727; 634 nel 1764; 611 nel 1775; 660 nel 1791; 650 nel 1858; 687 nel 1861; 667 nel 1871; 717 nel 1881; 946 nel 1901; 1016 nel 1911; 1135 nel 1921; 1075 nel 1931; 1059 nel 1936; 1158 nel 1951; 1044 nel 1961; 1034 nel 1971; 1101 nel 1981; 1138 nel 1991; 1145 nel 2001. Circa il toponimo, secondo C. Marcato (“Dizionario di toponomastica”, UTET), sostanzialmente d’accordo con precedenti studiosi (Olivieri, Gnaga, Guerrini, Sina ecc.), dato che la località si trova presso il valico Croce di Zone tra Marone e Pisogne si presume che il nome potrebbe riflettere un “jugone” accrescitivo del lat. “jugum”, in dial. zuf, nel senso geografico di “valico”. Passaggio quasi obbligato dal Lago d’Iseo alla Valcamonica e in collegamento con la Valtrompia, il territorio conobbe presenze di abitanti o di viaggiatori fin da tempi antichi.
Sono stati richiamati da Alessandro Sina (“Zone, sul Lago d’Iseo”, p. 9) vocaboli, in uso ancora oggi, ma da attribuire a popoli ibero-liguri, ai celti e, sicuramente, ai romani. Sono toponimi di impronta romana Cislano (da un supposto Cistellenus o Caesillianus), Zuzano (da Sudius o Sucius), Cusato (da “clausatum” o “Cusius”), Remignano (da “romanus”), Trisago (da “Tresius”), Guglielmo (“Culmen”) e, come si è visto, lo stesso toponimo di Zone (da “jugonis” = valico) e molti termini in uso.
Il Sina aggiunge che «un’altra impronta romana sembra di intravederla nella stessa pianta della contrada di Zuzano, che dovette essere anche nei tempi più antichi come lo è ancor oggi, il centro di tutta la comunità». Il Sina vede in Zuzano «tracciato il cardo massimo nella via romana che da Porte, attraversando l’abitato giungeva in Padol, coi due secondari, l’uno a destra e l’altro a sinistra; ed il decumano nella via che partendo dalla valle di Còi, giungeva alla vallecola Moret per proseguire a Trisago, accompagnato ai suoi lati dai decumani secondari» supponendo con ciò che «Zuzano sia di fondazione romana, e che Roma l’abbia, se non fondata, ripristinata perché, data la sua posizione quasi ai piedi del valico della Croce, fosse un presidio, uno dei tanti castelli, contro le probabili invasioni del popolo camuno, forse a quel tempo non ancora debellato, né domato». Rinvenimenti fortuiti catalogati nella “Carta Archeologica della Lombardia” portarono nell’800 alla luce in località Pagà, sulla vetta dei Corni Capreni, resti di strutture murarie ritenute relative ad un edificio romano. Tra il Passo Croce di Zone e il santuario della Madonna del Disgiöl venne alla luce un tratto di strada antica, probabilmente romana. Frammenti di laterizi di epoca romana vennero trovati alle Cascine Mattone (Matù), sul versante NE del monte Guglielmo. La permanenza di abitanti sul territorio è confermata da sepolture ad inumazione di probabile epoca tardoromana trovate agli inizi del ‘900 a Cislano. Di particolare importanza la strada, unica a congiungere la riviera Sebina e la Valcamonica, e che sarebbe stata percorsa nel 16 a.C. dall’esercito romano alla conquista dei camuni.
Latifondo romano, anche l’altopiano di Zone fu poi un feudo il quale, secondo A. Sina, dovette comprendere «tutta la campagna o il più di essa tra Cislano e Remignano, come pure tutta la montagna che sta a ridosso di essa fino al confine del monte Guglielmo. Ora il proprietario di questo vasto territorio, o fu il vescovo, o fu alcuno dei grandi monasteri bresciani che ancor prima del mille, dai re longobardi, dai re carolingi, dagli Ottoni e dai vescovi vennero dotati d’una grande quantità di beni, non solo entro i confini della nostra diocesi, ma anche altrove». Il Sina soggiunge che la dedicazione a S. Cassiano è una spia di proprietà monasteriale ed elenca numerose famiglie nella Riviera e nella Valcamonica che furono al servizio del vescovo, dei monasteri, ecc. nella gestione dei beni feudali. Importanti le proprietà vescovili se ancora nel 1307 i sindaci di Zone pagano lire 34 al prete Giacomo da Zone, gastaldo della curia vescovile di Pisogne. Fra i vassalli di feudatari più antichi in luogo emergono i nomi dei Mora o Moro dipendenti dal Capitolo della Cattedrale e ritenuti ascendenti dei Poncarali. Accanto ai beni feudali sussistono e aumentano altri beni detti vicinali, cioè goduti in comune dalle famiglie radicate sul luogo disperse nei pagi che, nel caso di Zone, hanno il loro centro in Sale Marasino. Di essi è una indicazione nella montagna Padò, nome che deriverebbe da “pratum pascuum” aperto e comune a tutti “i vicini” per il pascolo e per raccogliere legna. Come scrive A. Sina, già «alla fine del sec. XIII la vicinia di Zone non solo si trova proprietaria di pascoli e di boschi, nei quali solamente i vicini possono esercitare il diritto di condurre al pascolo il proprio bestiame, e quello di tagliarvi della legna, il che costituisce un principio di autonomia; ma si trova in possesso anche del diritto di poter deliberare intorno ai propri interessi, come quello di eleggere i capi, cioè consoli, consiglieri, o sindaci, destinati a convocare ed a presiedere le assemblee vicinali, in cui si dovevano trattare tutti i problemi interessanti la collettività». È nato il Comune del quale si ha un accenno in una sentenza emanata dal Comune di Brescia con la quale obbliga i comuni della Franciacorta e della riviera Sebina a concorrere alla ricostruzione del ponte delle Crotte sul Mella e nella quale sono esplicitamente elencati «Comune et homines de Zono». Comune e feudatari trovano un caposaldo nel castello, del quale è rimasto il toponimo nelle vicinanze della contrada di Trisago, costruito forse nel sec. X, passato in proprietà degli Almici nel sec. XV e fatto distruggere, come quelli di Colpiano e Sale, dalla Repubblica veneta. Ovviamente il Comune di Zone non potè che seguire le vicende del Bresciano e della Riviera Sebina passando dalle diverse Signorie (Visconti, Malatesta, ecc.). È citato nell’estimo visconteo del 1385 fra i comuni appartenenti alla quadra di Iseo, nella quale rimane sotto Venezia. Zone appare alla ribalta degli avvenimenti nel 1411 quando Pandolfo Malatesta estende il suo dominio sul lago d’Iseo, vi arma una flottiglia contro i Visconti, insedia suoi castellani a Iseo e a Clusane e impone dazi ai comuni del lago, compreso Zone. Alla Repubblica Veneta appartenne dal 1427 al 1797 salvo rarissime parentesi, come quella indicata dalle cronache sotto la data del 3 dicembre 1452 secondo le quali rappresentanti di Zone, assieme a quelli di Sale Marasino e di Pilzone, sono a Orzinuovi per giurare fedeltà al duca di Milano Francesco Sforza (che, ripresa la guerra contro Venezia, si era insediato a Iseo) nelle mani di Angelo da Rieti, ottenendo con ciò l’esenzione da «imbotado» e da «bolletta» per quattro anni, licenza di commerciare senza dazi, a Iseo e per tutta la Quadra, i loro panni di lana. Non si conosce chi sia stato il “dominus”, ossia il feudatario o i feudatari di Zone. A. Sina ha tuttavia messo in rilievo la preminenza almeno dalla prima metà del ‘400, dei Parzani, in seguito chiamati Arisi e poi Almici. Presenti anche nel territorio di Pisogne e a Coccaglio nel 1531, già suddivisi in vari rami, vantano diritti di proprietà e di usufrutto su parecchi boschi, pascoli, terra “prativa”, “arborea” e “monitiva” oltre che un fondo ed un mulino che coprono una terza parte abbondante del territorio di Zone, senza contare degli alri possedimenti che avevano nella campagna coltivata e dei diritti che vantavano anche nei boschi e nei pascoli comunali.
Ottenuto il privilegio della cittadinanza bresciana, così da pagare le tasse solo in città e non a Zone, essi entrano presto in accanita contesa con il Comune di Zone, come documenta un “Informactione per la comunità di Zone”, riportata da A. Sina (pp. 17-18). A partire dal 1442, con la creazione a cittadino di Brescia di Giacomo de Zono de Parzani «dal quale ne discende la famiglia Arisi, sive Almici che hanno beni et habitano nella detta terra di Zone», «con detta famiglia in diversi tempi sono state diverse liti et contese tra essa et detta Comunità per rispetto delle contributioni, pretendendo di non esser tenuti a contribuir con detta Comunità, né per li aggravi occorrenti sopra li loro beni, né per quelli che occorrevano sopra il colonato lavorando essi li beni con le proprie mani sotto il pretesto di detta cittadinanza». Tra corsi e ricorsi nel 1533 venne istruito un processo che ebbe termine nel 1599 con la condanna degli Almici a pagare le tasse sul colonato, ecc. e che «restino trattati come contadini per essere cittadini creati, et per esser caduti dalla cittadinanza per essere ritornati alle opere rurali». Da parte sua il Comune, particolarmente dagli inizi del sec. XVI, va aumentando il proprio patrimonio, acquistando nel 1501 da Catarina q. Bertolino Galbardi e moglie di Pellegrino Bordiga la sua quota di bosco in contrada Casaröle; nel 1554 da mastro Bonomo, figlio del maestro Betino Sina, prato e bosco in contrada di Val e nello stesso anno da Bartolomeo q. Pietro Viani Domenico fratello di Bartolomeo, prato a monte in località del Zuchlei (Costa Soclei). Nel 1560 acquista terreno a prato al Barco, da Battista Viani; nel 1586 acquista i fondi Pezzi e Chigazzolo.
Il Comune diventa inoltre proprietario di gran parte del Monte Guglielmo, prima appartenente a famiglie straniere. Nel 1573 si contano ad una ventina le proprietà comunali di boschi, prati, ecc.
diffuse per tutto il territorio assieme a tre mulini di una ruota in contrada Botini, territorio di Marone (Mulì de Hu). Propietà che aumentano nei sec. XVII-XVIII. Nel 1641 acquista piò di terra al Palmaröss dalla Confraternita del SS. Sacramento. Affitta i molini prima ai nobili Gaioncelli e dal 1551 a Silvestro Zatti del luogo. Nel 1686 il Comune può vantare tra bosco e pascolo, 1780 piò di terra. Nuovi acquisti si susseguono nel 1705 con la compera da Girolamo Maggi del prato di Padamone anticamente degli Almici; e nel 1706-1707, da Marco Marchetti e da Giovanni Berardi compera, dei prati in Gass, Paiere e coste Marchionni per un complesso di 1825 scudi, e inoltre di parte della cascina Palmaröss. A difesa del proprio territorio e patrimonio, nel sec. XVI, il Comune di Zone ingaggia una serie di liti e controversie con i Comuni confinanti. Nel 1520 è in lite con quello di Toline, lite che terminerà, a quanto pare, solo nel 1705, anno nel quale furono precisati confini tra Marone e Pisogne. Più complicate e lunghe le liti, nel sec. XVI, fra Zone e Marone per i diritti di passaggio sulla strada che da Zone conduce, attraverso la valle di Gazzo, al monte Guglielmo percorsa da mandrie e greggi che spesso sconfinavano lungo il tragitto in prati ai margini della strada, con conseguenti sequestri, se non con uccisioni, di pecore e di capre. La lite durò almeno fino al 1670. Altre contese sorsero, sempre tra Zone e Marone, nel 1652 per i termini di confine tra la Corna Gomba e Casaröle. Costò moltissimo al Comune una lite contro Bortolo Saleri di Cimmo per l’affittanza del monte Guglielmo. Iniziata nel 1779, si concluse a Venezia nel 1788 davanti al “Collegio dei venticinque”, con giudizio favorevole in via di diritto per Zone, ma disastrosa per le spese giudiziarie incontrate dal Comune. Nel 1669, oltre che offrire cera alla Pieve di Sale, il Comune ha l’obbligo di contribuire alla manutenzione della via “reale” della tesa del salnitro ad Iseo, alle spese della Quadra e del Territorio e deve mantenere quattro sindaci, un cancelliere, quattro campari, due stimatori ed un procaccia. Quanto ai beni del Comune, alcuni sono goduti da tutti gli abitanti, alcuni altri solo dagli originari.A dirimere le questioni, insorte tra vecchie e nuovi originari nel 1734 e nel 1735 interviene il Capitano di Brescia il quale deve interessarsi anche tra i poveri e i ricchi del Comune. Alla necessità del paese viene incontro nel 1736 il doge che concede a Zone, per dieci anni, di pagare ogni anno soltanto lire 160 per le taverne e lire 581 per dazi di biade, di vini e di fieni. L’attività della comunità non si esaurisce certo nell’acquisto e gestione di beni immobili. Attivo il suo impegno nelle chiese e nelle opere di abbellimento. Fin dalla fine del sec. XV è documentata un’attenzione particolare verso l’istruzione pubblica. Nel 1499 infatti insegna a Zone un “professor gramaticae”; nel 1533 tiene scuola vicino alla chiesa di S. Giovanni un Olivino de Arisis (cioè Almici). Presente l’impegno assistenziale, come dimostra l’esistenza del Pio luogo della carità antica, beneficato da legati fra i quali di rilievo quello di 270 scudi del parroco don Sonetti nel 1767. Negli stessi secoli XV-XVII il paese si trasforma. Mentre nel 1610 il Da Lezze deve constatare che il castello è «derocato», anche se ancora con porte e muraglie e «habitato», e il paese si è arricchito di case civili. Già da tempo è conosciuto anche lontano, tanto che compare nel 1508 tra la località che Leonardo da Vinci fissa fra le più importanti del Bresciano. Zone compare nelle prime carte della provincia. Sorgono, già nel ‘400, case di grande distinzione come casa De Moris, poi Bonsi, ora Marchetti, in Cislano (probabilmente fu anche casa parrocchiale), della quale don Sina rilevava che conteneva affreschi che presentavano contatti evidenti con quelli dell’interno della chiesa di S. Giorgio e che «probabilmente appartengono, non al 1449 come alcuno ha opinato, ma al 1484 come i sopradetti» e dove «esistevano, in un fienile, degli affreschi ancora ben conservati di Giovanni da Marone, tra i quali: un “S. Domenico”, un “Ecce Homo”, un “S. Girolamo”, un “S. Giorgio”, una “Natività”, una “Madonna in trono ed un cavaliere”». F. Lechi (“Dimore bresciane”, p. IV) rileva l’importanza di una casa detta dei Passanì, già casa dei Nodèr (Notai), notevole per le sue loggette e la loro policromia. Richiama una «piacevole loggetta» di una casa di via Marconi e l’imponenza di altri gruppi di case. Notevoli ancora le case Almici, vicino alla chiesa, risalenti al XV-XVI sec. e che conservano l’architettura primitiva. Il prof. Dominighini (di Bergamo) e il maestro Giuseppe Denti (di Cremona) più e più volte ritrassero su tele l’interno e l’esterno di dette case, destando un senso di sorpresa e di orgoglio negli abitatori. Senza dire delle chiese che vengono edificate ricche di opere d’arte. Risparmiato dalla peste del 1630 per voto fatto a S. Rocco di celebrare poi una particolare festa solenne e, ancora, da siccità e pioggia per intercessione della Madonna di S. Cassiano, il paese è colpito nel 1722 da una grande frana che, verificatasi in località Prima Terra sopra Cusato, travolge case e persone e che è ancora ben visibile. Sfugge tuttora alla documentazione disponibile la presenza o meno (anche se tra gli anziani del posto se ne parlava) di banditi mentre, invece, si riscontra quella di contrabbandieri ospitati volentieri dai mandriani. Zone registra ancora nuovi progressi verso la fine del ‘700. I testamenti di Domenico Mariotti del 21 dicembre 1791, di Pietro Berardi del 14 magggio 1797 e di Stefano Berardi nel 12 maggio 1793 destinano beni per l’istituzione di una scuola per i «figli del paese».
Il Dominio veneto finisce con echi di guerre. Nel luglio 1796 Zone conobbe per la prima volta truppe di un vero esercito. Da Zone a Salò infatti si dispongono settemila uomini della divisione Sauret, che fa parte dell’armata francese di Napoleone e che è posta a sbarramento delle valli dell’Oglio, del Mella e del Chiese. Nuove truppe napoleoniche al comando dei generali MacDonald, Lechi e Poli salgono il 1 gennaio 1803 da Marone a Zone per attraversare il Guglielmo. Compreso nel cantone del Mella dalla legge del 1 maggio 1797, la legge del 12 ottobre 1798 lo include nel distretto del Sebino, dal quale passa, assieme a Vello, ai sensi della legge 13 maggio 1801, nel distretto IV di Breno. Con la legge 8 giugno 1805 entra a far parte del Cantone II di Iseo e, dopo la concentrazione dei comuni del 1 gennaio 1810 e conseguenti modifiche della distrettuazione, nel III Cantone di Iseo. Sul piano istituzionale, in osservanza della legge del 24 luglio 1802 ed in virtù dei 578 abitanti, viene classificato nella terza classe dalla citata legge 8 giugno 1805. Con la legge del 12 febbraio 1816 viene incluso nel X distretto di Iseo. Zone vive tempi difficili e di estrema povertà, tanto che il 25 giugno 1815 un centinaio di abitanti, per sopravvivere, supplicano dal sindaco un «qualsiasi genere alimentare e di qualsiasi natura». Analoga implorazione rivolgono gli abitanti di Zone il 24 marzo 1816. Nell’800 non mancano segni di progresso. Nel 1823, su progetto dell’ing. architetto Carlo Bertuetti, viene ristrutturato l’edificio comunale in contrada Silterù, in modo che possa ospitare le due classi (uniche) maschili e femminili in ambienti «servibili anche per sala consigliare» e anche, in parte, ai bambini sotto i sei anni. Viene inoltre restaurato l’orologio pubblico e dato inizio al servizio medico. Nel 1825 vengono inaugurate tre fontane con l’acqua di Valurbe, delle quali una esiste ancora in via A. Sina, in medolo con mascherone. La forma arieggia lo stile di un’ara romana. Reca la scritta dettata dal parroco don Brizio Caldinelli «PRAESIDUM COMVNITATIS ZONI / VIGILI CVRA IN HOC ALVEVM / AQVA CVNCTIS OPTANTIBVS FLVIT» (In questa fontana, l’acqua scorre per tutti i richiedenti, grazie all’attenta premura dei presidi del Comune di Zone). Nel 1829 viene costruito, su progetto di Carlo Bertuelli di Brescia, l’acquedotto di S. Antonio. Nelle lotte dell’indipendenza italiana ha rilievo la figura di Giosuè Zatti, segnalatosi nella campagna dell’Italia meridionale del 1861 e nella battaglia di Custoza del 1866.
Entrato a far parte nel 1859 del Regno di Sardegna, il Comune viene retto da un consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri e viene incluso nel Mandamento IX di Iseo, Circondario I di Brescia. Dal 1865, in base alla nuova legge sull’ordinamento comunale, viene amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. Proverbiale rimane, nonostante i nuovi scenari politici, la saggia amministrazione del Comune, tanto che nel 1860 è in grado di “far le bucce” al Ministero delle Finanze e di abolire nel bilancio, per lunghi decenni, qualsiasi sovrimposta comunale. Nel 1880 si provvede, con due fontane derivate dalla sorgente Rinat, a incrementare la provvista di acqua potabile.
Ancora nel 1889 la “Guida Alpina della provincia di Brescia” indicava la sola presenza della «buona trattoria del sig. Maffolini», ma soggiungeva che «sarebbe un eccellente soggiorno estivo se qualche albergatore avesse il coraggio di erigervi un buon albergo». Sei anni dopo, nel 1895, l’albergatore, nella persona di Francesco Almici, non solo erige un buon albergo, ma realizza addirittura un ampio rifugio sul monte Guglielmo. Nel 1896 la “Guida del Lago d’Iseo” di Bernardo Sina segnalava: «A Zone farebbe ottima prova una stazione estiva, perché offre, in vicinanza al piano lombardo, i vantaggi di un’alta vallata. Ha acqua abbondante distribuita in fontane pubbliche, e potrebbe benissimo avere il suo stabilimento idroterapico. Il bravo Almici Francesco, mentre va migliorando la sua Trattoria Alpina in paese, ha avuto la felice ispirazione di costruire un’osteria rifugio quasi sulla vetta del Guglielmo. È un locale molto lodato, dove l’anno passato fu tanto il concorso dei visitatori, che il proprietario ha sentito il bisogno di aggiungervi quest’anno altre tre stanze. Così può dare alloggio a più di 30 persone. Continuando ad essere moderato nei prezzi e premuroso, l’Almici avrà assicurato un buon avvenire al suo Rifugio». Anche in campo economico-sociale si allargano nuovi orizzonti. Il milanese Arturo Vismara fa di Zone una succursale dei suoi filatoi di Marone. Da parte sua, nel 1897, don Bettoni dà vita alla Cassa Rurale, attraverso la quale quasi tutti i terreni di proprietà di persone estranee al paese passano in mano a famiglie del luogo. Nel 1901 sempre Francesco Almici realizza, su progetto dell’ing. Conti in località “Muli”, una turbina alimentata dalle acque delle sorgenti di Hópol, dall’acqua delle vallette del Goi e di Dale e da quella di recupero delle fontane; acqua che viene convogliata e raccolta in grandi vasche e che, oltre ad essere utilizzata per proprio uso (albergo, mulino, segheria, ecc.), dal 1903 serve per far funzionare la turbina e dare corrente per l’illuminazione pubblica e privata fino al 1965. Un’epidemia di tifo nel 1901 spinge l’amministrazione comunale a provvedere il paese di due nuove condutture d’acqua potabile. Nel 1902 per iniziativa di Francesco Almici viene realizzato il servizio telefonico tra il Rifugio del Guglielmo e l’albergo di Zone. Ancora nel 1902, per opera del parroco don Luigi Bettoni, viene aperto «in via di prova», per esaudire richieste di genitori avanzate fin dal 1881 e solo per la stagione estiva, una stanza di custodia per i bambini piccoli. Legata a Zone è l’inaugurazione sul Guglielmo, il 24 agosto 1902, del monumento, per la consacrazione del secolo al Redentore, voluto da un comitato presieduto a Giorgio Montini su progetto dell’arch. Carlo Melchiotti. Caduto in rovina, il fabbricato viene ricostruito e inaugurato nuovamente nel settembre 1966. Nel 2002 è abbellito del mosaico del Cristo Risorto e viene celebrato il centenario della sua costruzione. Tenta di scalfire lo zoccolo duro dell’amministrazione, saldamente in mano dei cattolici, la costituzione del Circolo democratico zanardelliano, presieduto da uno Zatti e sostenuto da Giacomo Sina, dai fratelli Morelli, ecc. Impulso allo sviluppo di Zone viene da Gaetano Almici (1861-1943), il quale nel 1914 realizza un nuovo edificio scolastico, promuove scuole serali e la filanda, sviluppa l’attività della Cooperativa. La guerra 1915-1918 vede il paese coinvolto in movimenti di truppe, per la vicinanza con il fronte della Valcamonica, e costa vittime al paese. Zone riprende sicura il proprio cammino guidata da una maggioranza del Partito Popolare. Mentre falliscono i tentativi dei liberali zanardelliani, che nel luglio 1921 tentano di piantarvi l’Unione Democratica bresciana, ha un qualche successo il socialismo che apre una propria sezione. A questi sforzi i cattolici e il parroco don Cristini rispondono con la fondazione, nel novembre 1922, dell’attivo e nutrito Circolo Cattolico “Excelsior”.
Riprende il turismo estivo e alla villeggiatura “familiare” si aggiungono anche strutture parasanitarie. Nel 1922 a Cislano, in una casa da poco costruita dalla famiglia Camplani, vengono ospitati, per iniziativa di un Comitato e ad opera del Consorzio antitubercolare, una quarantina di bambini tubercolitici «minorati di guerra». Ma né popolari né socialisti riescono a far fronte al Fascismo. Agli inizi, e per mesi, il nuovo movimento non fa presa. I primi fascisti sono costretti ad iscriversi al fascio di Marone e solo nell’aprile 1923 viene costituita da poche persone, tra i quali un ex sindaco e un vice sindaco di una precedente amministrazione popolare, la sezione locale. Lo scioglimento d’imperio, nel 1924, dell’amministrazione, con minacce gravi a consiglieri popolari e l’imposizione di un commissario prefettizio nella persona di funzionari della Prefettura estranei al paese, scatena un crescente malumore che si manifesta, come si legge nel “Popolo di Brescia” (11 settembre 1924), fin dal giorno della costituzione della sezione del Partito fascista, «in un’aria di diffidenza e di astio .. prima subdolo e poi palese e aperto», così da costringere «i pochi fascisti del paese a rincasare all’imbrunire e a sopportare le provocazioni e gli oltraggi di gruppi di forsennati che percorrono il paese urlando e minacciando», tanto che il paese viene dai gerarchi fascisti dichiarato «fuori legge». La situazione si aggrava quando, nel febbraio 1925, viene mandato come commissario prefettizio tale Giovanni Berghinzoni, oriundo di Ferrara, il quale in pochi giorni, per “mettere ordine”, se la prende con il parroco don Cristini e la sua amministrazione dell’asilo: suscita un sempre più profondo malumore con l’imposizione di una tassa per il libero pascolo delle capre e con la proibizione del canto di “Bandiera rossa” e di altre canzoni antifasciste. Il suo atteggiamento è tale da scatenare, nel giro di un mese, una vera rivolta. Come ebbe a raccontare nel “Popolo di
Brescia”, il 16 marzo, giovedì, verso le ore 10, «a piedi scalzi, silenziosamente, una settantina di donne parte di Cislano e parte di Zone, scortate a breve distanza da altrettanti uomini, raggiunsero silenziosamente il Comune e salite per la ripida scala, tra urla formidabili, scardinarono la porta al grido di: Basta i fascisti! Abbasso il Governo! Via il commissario! Vogliamo le chiavi del Comune da consegnare al prete!, invasero il corridoio dirigendosi verso l’ufficietto ove trovavasi il commissario». Affrontato d’improvviso, gli viene tolta la pistola e picchiato e graffiato nel viso e nelle mani, non senza il tentativo di gettarlo dalle scale. Salvato da alcuni soccorritori, il malcapitato, raccolte alcune carte, riesce a eclissarsi tra due ali di folla urlante. Poco dopo giungono i carabinieri di Marone e, nel pomeriggio,un commissario di Pubblica Sicurezza, il dott. Gatti, con agenti “specializzati” i quali raccolgono una ventina di denuncie e arrestano tre donne e de uomini. Nella serata, mentre il commissario Gatti interroga, in una stanza dell’albergo, Zatti, Berghinzoni e il parroco, viene sparata una fucilata contro la finestra della stanza nella quale quelli sono riuniti. Suo luogo a portare “la parola di pace” interviene lo stesso Augusto Turati. Del fatto verrà dichiarato estraneo il parroco. Con queste premesse il fascismo non riuscirà mai a conquistare del tutto il paese. Dieci anni dopo il fatto, su mille abitanti si conteranno, nonostante tutte le costrizioni, 29 camicie nere, 44 giovani fascisti, 75 fra balilla e piccole italiane. Una simile protesta si avrà pure a fine anno 1958 per iniziativa di un folto gruppo (70) di emigranti e contadini che si ribelleranno ad un inasprimento dell’imposta di famiglia, deliberata per quell’anno dalla Giunta Comunale. Gli insorti, occupato il Comune, si faranno consegnare le chiavi dal segretario comunale e, dichiarando arbitrariamente decaduta la Giunta Comunale, proclameranno i capoccia nuovi amministratori. La cosa finirà con l’intervento della Forza Pubblica e con qualche problema per i capi rivolta. L’amministrazione concluderà il suo mandato nel 1960, ma le nuove elezioni amministrative si svolgeranno solo nell’autunno di quell’anno perché in primavera non erano state presentate liste di candidati. Negli anni che seguono non sono molte le novità. Il 9 ottobre 1927 viene inaugurato il monumento ai Caduti e solo in quest’anno viene creato l’ufficio postale e installato il telegrafo. La realizzazione più importante è la strada Marone-Zone di km. 7,400 iniziata il 15 settembre 1930, interrotta più volte e inaugurata il 28 ottobre 1935. Viene inoltre migliorata la strada per Cusato, lungo la quale viene creato il Parco della Rimembranza. Inoltre viene continuato l’aquedotto per la stessa frazione; costruite alcune fognature, ampliata la sede del Comune. Il 24 settembre 1934, in occasione della commemorazione del fascista Tito Galbardi ucciso a Charleroi il 12 luglio 1929, “vittima dell’odio comunista”, viene inaugurata la Casa del fascio. Gli anni ‘30, anni di grande emigrazione, grazie anche alla nuova strada, registrano un grande lancio della villeggiatura e del turismo. Come si legge sulla “Guida Apollonio” del 1938: «Zone è meta di chiassose comitive e nel tempo estivo è ritrovo delizievole di eleganti famiglie di villeggianti. Nell’inverno Zone è meta di numerose schiere di gagliardi sciatori e sciatrici che si recano sui piani nevosi delle Montagne Aguina e Guglielmo a praticare l’attraentissimo e salubre sport». Nello stesso anno vengono ristrutturati i vecchi acquedotti. Nel 1940 viene avanzato il progetto di una colonia montana dedicata alla principessa Maria Gabriella. La II guerra mondiale, con la chiusura delle vie dell’emigrazione e del turismo, porta una nuova ventata di povertà e mesi di paura. Nell’ottobre-novembre 1943 Zone registra un intenso movimento di sbandati e renitenti alla chiamata alle armi che si raccolgono sulle falde del Guglielmo e sopra il paese, in malghe e in accampamenti organizzando nuclei di resistenza contro i quali si scatenerà il 12-13 novembre 1943 un’imponente operazione di rastrellamento da parte di truppe tedesche e della R.S.I., che debellerà i resistenti. Quella di Croce di Marone fu la prima battaglia della Resistenza bresciana. Formazioni partigiane saranno presenti ancora nel 1944-1945. Nella ripresa democratica tiene la ribalta la Democrazia Cristiana. Forse tra i primi paesi della provincia, Zone ha per intervento e a spese dell’ing. Emilio Franchi il piano regolatore che egli dona poi al Comune. In base a tale piano si intensificano le opere pubbliche: dalle infrastrutture , con l’acquedotto, derivato dalla sorgente “Pineta di Tres” ai Corni Stretti, quattro chilometri di condutture portano l’acqua al serbatoio di 120 metri cubi ed al paese, ed il lavoro viene concluso nel 1948. Nel 1947 viene ricostruita, ex novo, la fognatura; si realizzano nuovi selciati con guide per auto e autocarri, e ponticelli sui torrenti, migliorie a mulattiere. Sui pascoli del Guglielmo e di Palmarusso vengono attivati cascine, portici, concimaie, depositi. Nel 1950 viene anche progettata, ma non realizzata, una funivia al monte Guglielmo. Iniziato nel 1959, il 3 agosto 1969 viene inaugurato il nuovo edificio della scuola materna. Pur ancora nella morsa dell’emigrazione, che si estinguerà a cavallo degli anni ‘70. Zone tocca in quegli anni il boom turistico estivo con cinquemila presenze giornaliere. Vengono sviluppati impianti sportivi, avviato l’agriturismo montano con il recupero delle malghe Palmarusso, del monte Agolo e del Monte Aguina. Sono gli anni nei quali Pier Paolo Pasolini ha modo di constatare che Zone «è il più bel paese del mondo». Sempre negli anni ‘70 il paese si apre a mostre come quella sugli “Usi e costumi di Zone” (1977). L’attività comunale ha un accelerato sviluppo negli anni ‘70-’80-’90, a lungo guidata dal sindaco Zaccaria Almici. Vengono realizzate molte opere pubbliche, sociali, culturali e turistiche. Tra le più importanti e significative ci sono: la Panoramica sud (oggi via Aldo Moro), che collega la strada provinciale SP32 e il centro di Zone con Cusato; il rifacimento completo della rete fognaria collegata con il grande collettore del lago; il rifacimento completo dell’acquedotto, l’aumento dei bacini di raccolta e la captazione di nuove sorgenti; la realizzazione del centro sportivo comunale; la metanizzazione del paese; l’ampliamento e l’interramento delle linee elettriche dell’illuminazione pubblica e dell’Enel; il rifacimento completo delle malghe comunali del monte Guglielmo, Palmarusso, Aguina e Agolo e la realizzazione delle rispettive strade silvo-pastorali di collegamento e forestali per il servizio e la cura del bosco; in collaborazione con la comunità montana del Sebino bresciano vengono effettuate opere di bonifica montana e di difesa idraulico-forestale sui torrenti Gasso, Lombrino e Vandül. Viene realizzata, in collaborazione con la Regione Lombardia, la riserva delle Piramidi di Zone, vera attrazione turistica. Nel 1989 è approvato il Piano Regolatore generale su progetto dell’arch. Roberto Nalli. Particolare attenzione viene posta all’arredo urbano con l’utilizzo di materiali e stili caratteristici del luogo e al recupero delle vie interne dei centri storici. Vengono realizzati i parcheggi periferici, recuperato l’interno del palazzo comunale, razionalizzando gli uffici e utilizzando i volumi liberi per la formazione dei nuovi locali della biblioteca, della sala civica e del Consiglio Comunale.
Sul piano sociale si dà inizo all’assistenza domiciliare e buoni pasto per gli anziani e persone bisognose; si pone una grande attenzione alle problematiche giovanili con l’istituzione di borse di studio per favorire l’approfondimento culturale e combattere il fenomeno della droga. Turismo e cultura hanno un forte sviluppo col restauro di quasi tutte le grandi opere d’arte delle chiese di Zone, con l’istituzione della Biblioteca Comunale, il cui lavoro di ricerca sugli usi, costumi e dialetto zonese porterà alla pubblicazione dell’interessante volume “Dalle stelle alle stelle”. Viene sistemato l’archivio comunale, acquistata la tipica “Casa Ambröf” con lo scopo di farne un museo etnografico della civiltà contadina locale e, in collaborazione con la Pro Loco, guidata dal dott. Ruggero Martinotti, vengono realizzate su varie tematiche legate a Zone, parecchie mostre e manifestazioni culturali, sportive, gastronomiche. Il turismo trova un supporto originale in una campagna di stampa, che dura per anni dal 1980, del giornale londinese “The Observer” che porta a Zone numerosi villeggianti inglesi, mentre gli scout belgi fanno della località la loro meta preferita. Nuove opere chiudono il secolo. Nel 1999 viene imbrigliato il torrente Bagnadore. Nel 2000 vengono scavati tre nuovi pozzi dell’acquedotto, sviluppati programmi per il turismo, censiti gli alberi monumentali, sviluppata l’elettrificazione di cascine di montagna e realizzato il bosco degli gnomi, creato dalla fantasia dello zonese Luigi Zatti. Ecclesiasticamente è sempre valida la supposizione di A. Sina, che il Cristianesimo si sia consolidato in Zone (appartenente prima al pago di Iseo e poi alla pieve di Sale Marasino) durante il dominio longobardo e in parte almeno di quello franco cioè nel sec. VIII, «per cui, scrive A. Sina (p. 34), si può tenere per certo che a quest’epoca, anche a Zone, come ogni villa del pago di Sale, avesse già la sua cappella, dove alla festa il sacerdote salito dalla pieve radunava la comunità di quei primi cristiani per la celebrazione dei divini Misteri e per dispensare ad essi il pane della Parola di Dio».
Sempre il Sina, scartando l’ipotesi che la prima cappella sorta in località Cislano «forse nel sec. IX» fosse dedicata a S. Giorgio, il cui culto fu diffuso all’epoca delle Crociate, partendo da una dedicazione nel sec. XV di un altare a S. Stefano diacono e martire, pensa che appunto a questi fosse dedicata la prima cappella come diaconia sorta accanto ad una casa per l’assistenza alla povera popolazione del luogo, ai pellegrini e ai viandanti sulla via romana e sul valico. All’epoca longobarda, alla metà del sec. VIII, A. Sina propende ad attribuire l’erezione di una cappella a S. Giovanni Battista in Zuzano, contrada al centro del territorio di Zone, compresa poi nelle fortificazioni che presero forma nel castello o in un borgo cinto di mura e porte, le prime in contrada bassa, detta Porte, le seconde in contrada Padol, sul lato nord. Caduta in rovina o ormai incapace di contenere la popolazione, nel sec. XII la prima cappella di Cislano venne dedicata a S. Giorgio, il cui culto andava diffondendosi un po’ dovunque. E ciò per iniziativa, probabilmente, del Capitolo della Cattedrale quando intorno al Mille, come sottolinea A. Sina (p. 39), «alcuni dei vescovi bresciani per rinsanguare il patrimonio della Cattedrale, ridotto in condizioni di povertà, causa le guerre e le usurpazioni dei laici, come pure per ridonare un po’ di vita spirituale a popolazioni prive di assistenza religiosa, pensarono di unire a quella parecchi benefici, dei quali potevano disporre facendo obbligo al Capitolo di mantenere presso le chiese, o cappelle, un sacerdote con conveniente salario per il servizio religioso». Attestano l’appartenenza della cappella di S. Giorgio al Capitolo della Cattedrale Bolle pontificie del sec. XII, da quella di papa Onorio III, emanata tra il 1125 e 1130, all’altra di Eugenio III in data 1148, a una terza di Adriano IV del 1159, ed ultima a quella di Alessandro III del 1175, nelle quali immancabilmente, con molte altre, è sempre ricordata anche la «Capella S. Georgii in Sislano». Nel 1390 compare il nome di Giovanni di Zone, investito del beneficio di S. Giorgio. Dal Capitolo della Cattedrale nel 1422 risulta che la chiesa di S. Giorgio era già unita al monastero di S. Salvatore dei Canonici Regolari dei SS. Simone e Giuda, i quali, appunto per tale unione, dovevano versare annualmente alla Cattedrale quattro libbre di cera: «Monasterium SS. Simonis et lude Brixiae, reddit libras quatuor cere pro unione sibi facta de ecclesia S. Georgii de Sislano». Ancora verso il 1490 nell’elenco dei benefici si legge «S. Georgio in Cislano, possidetur a fratribus S. Salvatoris». Già prima del 1422 la chiesa di S. Giorgio aveva ottenuto il battistero e l’erezione in parrocchia, distaccata dalla pieve di Sale Marasino alla quale continuò, come si legge in un documento del 1442 e in seguito, a contribuire a fornire il cero pasquale, a corrispondere «libras quatuor» e a dispensare l’acqua battesimale. Nel catalogo queriniano dei benefici del 1532, pubblicato da mons. Guerrini in “Brixia Sacra” 1925, si legge: «Ecclesiam parocchialem S. Petri de Marono tenet presbiter Jacobus de Zattis una cum ecclesia de Zono valoris ducatorum 10». Edificata o riedificata, la chiesa compare nel testamento del 1490 di Pietro q. Risio Almici per legati ad essa destinati. Il vescovo Bollani il 2 ottobre 1567 constata che, seppure abbandonata, la chiesetta di San Giovanni è molto più comoda per la popolazione, per il servizio e la cura parrocchiale. Una commissione (composta dal console Gio. Maria Berardi e dai sindaci, Pietro Berardi e Comino Panzera) conferma l’incommodo grave della maggioranza assoluta della popolazione, la quale per portarsi alle funzioni parrocchiali deve percorrere due miglia di strada ed anche più fino a S. Giorgio in Cislano, e promette di concorrere alla rifabbrica della chiesa di S. Giovanni, come il vescovo aveva proposto. I commissari affermano inoltre che la vicinia è disposta a sostenere la spesa per i muratori, quella di tutto il ferro, di tutto il legname e delle tegole necessarie per tale opera. Il vescovo emana subito un decreto che impone a don Giacomo Zatti, già parroco di Zone, ed a suo nipote Fortunato, pensionati del beneficio di S. Giorgio, di concorrere nella costruzione, con una parte dei frutti della loro pensione, assicurando poi la commissione che, appena ultimata la fabbrica, avrebbe concesso il trasporto del battistero, e il permesso di compiervi anche tutte le altre funzioni parrocchiali. La costruzione dura qualche anno, per cui, visitando la parrocchia nel 1573, mons. Pilati raccomanda che la si completi. Cinque anni dopo mons. Celeri la trova quasi ultimata con presbiterio e ampia cappella, finita anche nella navata con due porte. Già completata è anche la sagrestia, mentre del campanile sono state gettate le fondamenta. Il completamento va a rilento, gravando tutta la spesa dell’opera sugli abitanti del centro essendo quelli di Cislano contrariati che la loro chiesa perda il titolo di parrocchiale e quelli di Cusato impegnati anch’essi ad ampliare la loro. Nel 1581 interviene, dopo la visita apostolica, anche S. Carlo Bartolomeo il quale ordina «che l’altar maggiore sia ampliato secondo il disegno dato, che si costruisca il battistero nel luogo indicato, e che tanto l’uno come l’altro vengano chiusi con cancelli di ferro, ed, in fine che il tetto entro breve tempo venga coperto di tegole. Quando tutte queste cose saranno eseguite, si potrà trasportare dalla vecchia chiesa di S. Giorgio a questa nuova il SS. Sacramento e tenervi le funzioni parrocchiali». Dopo aver autorizzato il parroco a vendere la casa del beneficio in Cislano e di comperarne un’altra vicina alla chiesa di S. Gio. Battista, impone ancora che si faccia un portichetto davanti alla porta maggiore e che l’altare di S. Gregorio venga chiuso con un cancello, almeno di legno. Infine raccomanda che anche il campanile sia compiuto e che sul medesimo si collochino almeno due campane.
La vita religiosa fu rinforzata forse già nel sec. XV dalla Disciplina eretta probabilmente per iniziativa di Giacomo degli Arisi che ebbe in S. Giorgio il suo altare con legati. La Disciplina venne poi, agli inizi del sec. XVI, sostituita con la Scuola del Corpus Domini o del SS. Sacramento già esistente nel 1532 e dotata di beni. È in quest’anno 1532 che il parroco Giacomo Zatti di Zone fa stendere un “Designamentum bonorum” del beneficio e, ancora sul campo dopo 44 anni, lo fa ripetere nel 1576. Nel 1581 rinuncia al beneficio di Zone, riservandosi però su di esso una pensione annua di 50 scudi, e l’uso di una porzione della casa parrocchiale. Una parte della pensione in danaro sembra che l’avesse ceduta ad un suo indegno nipote di nome Fortunato, il quale negli atti della Visita di S. Carlo viene definito: «armiger, concubinarius, et scandalosus». Processato e condannato, quello venne privato della pensione. Particolarmente attivo e zelante è don Giuseppe Bertoli (1634-1646). Ha contrasti con gli esponenti del Comune, «per non aver costoro ottemperato ad un decreto di S. Carlo riguardante il luogo Pio, e per averli rimproverati di non aver soccorso un povero homo, ferito dalle guardie comunali senza colpa, nel dar “la cazzia ai ladri” e ancora per non averlo aiutato finanziariamente in alcune spese di interesse generale». Ma ciò senza malanimo, anzi, come sottolinea concludendo una sua relazione sui fatti: «non vorrei però disgustarmi, ma domando et ricerco la vostra grazia, et da questo conoscerò se mi volete bene, come anch’io di core vi ho serviti». Né gli manca il coraggio di affrontare di nuovo il problema della chiesa.
O per calcoli fatti male o per un continuo rapido aumento della popolazione, solo a quarant’anni dalla costruzione la chiesa si dimostra incapace di contenere la popolazione, per cui il vescovo mons. Giustiniani nella visita pastorale del 1637, constatato che in gran parte i fedeli sono costretti a rimanere fuori la chiesa durante la Messa e a non sentire alcuna predica, ordina di ampliarla entro due anni, pena l’interdetto. Per interessamento diretto della Vicinia, nel 1640 la chiesa viene amplificata, o meglio, allungata. Nello stesso anno viene misurato il terreno per costruire il cimitero (che verrà però costruito solo dopo il 1669), si compera una campana ed è aggiustato l’orologio. La campana, giudicata troppo piccola, verrà sostituita nel 1659 con una più grande, fusa in Brescia da Bartolomeo Renieri.
Dopo alcuni parrocchiati brevi e pressochè anonimi, straordinario per zelo e opere è quello di don Bortolo Belotti (1674-1724), definito da A. Sina (p. 84) «sacerdote profondo nelle scienze sacre, predicatore distinto, anima d’artista, dotato di una energia non comune, pieno d’iniziativa in ogni campo, generoso e nello stesso di costumi severi, zelante nel promuovere la fede e la morale, forte ed inflessibile nel difenderle». «Lo zelo dal quale era divorato per il bene dei suoi fedeli, scrive ancora A. Sina, lo costrinse molte volte ad alzare la voce, contro gravi abusi che si erano introdotti, e contro gli stessi reggenti delle Scuole, o Confraternite, delle chiese, ed anche della Comunità, di qui contrasti, tanto che si giunse al punto, per mezzo dell’autorità civile, di interdirgli per alcun tempo perfino ogni vigilanza e interessamento per l’amministrazione dei beni delle stesse chiese e delle Confraternite. Furono però cose passeggere, poiché tutti anche i più caparbi, compresero che si trovavano dinanzi ad un sacerdote pieno di virtù, il cui ideale era quello di far del bene, spiritualmente si, ma anche materialmente». Il suo parrocchiato e uno straordinario e continuo susseguirsi di opere che il Sina riassume cronologicamente: «1675 - Affida ad Andrea Fantoni, il celebre scultore di Rovetta, l’incarico di studiare e stendere il progetto per l’ampliamento della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista. 1679-1680 - Costruisce la chiesa. 1682 - È collocata nella propria cappella l’ancona della Beata Vergine del Rosario eseguita dai fratelli Giovanni e Gio. Maria Donati di Bormio: così pure il pulpito eseguito dai fratelli Fantoni di Rovetta, su disegno di Andrea. 1683 - È terminata e messa in posta l’ancona dell’altare della Confraternita del SS. Sacramento, opera dei fratelli Fantoni: e si riduce in “laudabil forma” il tresandello, oggi chiuso, tra la chiesa e la casa parrocchiale. 1690 - Collocamento della grandiosa ancona dell’altar maggiore, lavoro di Andrea e fratelli Fantoni. 1691 - Ottiene dalla nobildonna Laura Cornaro, sposa del Podestà di Brescia, il quadro di S. Gaetano che viene collocato dietro l’altare del medesimo Santo. In seguito ne ottiene un altro per la chiesa di S. Antonio. 1690 - Viene inaugurato il Sepolcro, opera di Andrea Fantoni e dei suoi fratelli. Nell’istesso anno compera e ne fa dono alla parrocchia, una pezza di terreno dietro la casa parrocchiale. 1693 - Compera da Girolamo Almici q. Benedetto la casa vicina alla chiesa con l’intenzione di farne l’abitazione del parroco. 1694 - Sta facendo ultimare la chiesa di S. Antonio Abate in Cusato. 1695 - Cede la casa da lui comperata alla parrocchia permutandola con l’altra, ove dapprima abitavano i parroci. 1696 - Accordo coi muratori Giulio e Giacomo Silva “per alzare 12 brazza” il campanile al prezzo di L. 2,6 alla giornata. 1700 - Stende il contratto con Antonio q. Pietro Giorgi di Edolo per la doratura dell’ancona del S. Rosario. 1702 - Si accorda col capomastro Antonio Spazzi comasco, per la fabbrica del Cimitero (oggi Oratorio). 1703 - Chiama e s’accorda col pittore Domenico Voltolini d’Iseo per gli affreschi della chiesa parrocchiale, e per quelli da compiersi nella cappella del Cimitero.1722 -Viene steso il contratto con fratelli Visinoni di Clusone, per la doratura dell’ancona dell’altare maggiore. In vari altri tempi non precisabili, fa costruire dai fratelli Fantoni, in marmo, i due altari della Beata Vergine e degli apostoli. A corona poi della sua opera, ottiene nel 1717 al 10 di ottobre, la consacrazione della chiesa, da parte di mons. Barbarigo vescovo di Brescia, assistito dai canonici Paolo Gagliardi e Germano Olmo. La data solenne e ricordata dalla seguente iscrizione, su di una parete della sacristia: DEDICATIO HUIUS ECCLESIAE / FACTA ANNO 1717 / AB EPISCOPO / FRANCISCO BARBARIGO / CELEBRATUR DOMINICA SECUNDA OCTOBRIS».
Dopo solo due anni di parrocchiato (1724-1726) di mons. Faustino Bocca, tocca a don Bartolomeo Sonetti (1727-1767) continuare a completare e abbellire la chiesa parrocchiale, che la provvede dell’altare maggiore degno della ricchezza della chiesa e della pala dell’altare della Madonna, del bolognese Francesco Monti. È sacerdote, scrive A. Sina, «pieno di zelo e di virtù e anche battagliero». Oltre al denaro che per le campane nuove lascia 270 scudi al Pio Luogo della carità antica.
Un altro sacerdote che lascia largo rimpianto in tutti è, per severità di costumi e zelo, don Marco Bordiga (1771-1805), oriundo del paese.
Il ‘600 e il ‘700 sono, anche per Zone, i secoli delle Reliquie. Vengono rimesse infatti in grande venerazione le reliquie di S. Cassiano, S. Luigi, S. Natale e S. Severino recuperate dalla demolizione del sec. XV della primitiva chiesa di S. Cassiano. Nel 1653 vengono trasferite nella ricostruita chiesa parrocchiale e collocate prima in cornu Epistolae e poi in cornu Evangeli. In loro onore viene dedicata nel 1712 una solennità con la benedizione sui frutti della campagna e particolare indulgenza. Veneratissimo anche S. Rocco, al quale, come si è visto, Zone attribuisce la preservazione dalla peste del 1630 ottenendo dal vescovo mons. Giustiniani con decreto del 2 marzo 1644 la fissazione della solennità al 16 agosto. Con lo stesso decreto approva la festa di S. Brigida di Svezia, il cui culto si pensa introdotto dai Canonici della Cattedrale di Brescia. Particolare la devozione dei pastori e dei mandriani per S. Lucio di Cavargna, raffigurato in un affresco nella chiesa di S. Cassiano mentre dispensa ai poveri fette di cacio. Culto ancora vivo nel sec. XVIII e poi sostituito con quello dei SS. Fermo e Rustico, venerati anche dai contadini con festa fissata il 13 agosto, preceduta dalla vigilia a pane e acqua. In tale giorno è “töt férem”, si fermano cioè tutti i lavori di campagna. La concessione della solennità più un’indulgenza viene rinnovata dal vescovo card. Badoaro. Il tesore delle Reliquie si va arricchendo in seguito con il braccio di S. Giocondo martire, una reliquia di S. Degno e di S. Paziente martiri, che viene ottenuto per la spettabile Comunità di Zone da q. Guerrieri, abate olivetano in Roma. Da padre Giovanni della Croce (zio del parroco Sonetti), esso pure residente in Roma, si ottengono ancora una reliquia di S. Lucido ed un’altra di S. Severa. Altre, richieste dalla comunità e dalla scuola del SS. Sacramento, lo stesso parroco può esaudire ottenendo, dalle Madri del Monastero di S. Caterina in Brescia, una reliquia di S. Reparata ed una di S. Giustino. La più insigne è quella della S. Croce, avuta ancora una volta da p. Giovanni della Croce il quale, interessato dal nipote don Sonetti, la dona con atto pubblico del 29 aprile 1718 alla Comunità di Zone. Approntati i reliquiari in due custodie d’argento coperte da velluto rosso e un reliquiario a ostensorio per la S. Croce, vengono offerti il 14 settembre 1727 alla venerazione dei fedeli e collocati: le custodie all’altare del SS. Sacramento e il reliquiario della Croce presso l’altare della Madonna del Rosario. I maggiorenti del Comune a loro volta fissano alla quarta domenica di settembre la festa delle SS. Reliquie. Venerati e invocati, particolarmente contro gli incendi, S. Antonio abate, ritenuto particolare patrono anche di molte singole famiglie e S. Gaetano da Thiene, a Zone invocato contro la febbre e ricordato da molti con l’astensione dal lavoro. A. Sina ricorda anche devozioni del tutto particolari. «Gli Almici, per esempio, celebrano la festa della Madonna della Neve con vigilia di astinenza; così i Bordiga fanno altrettanto nel giorno della Decollazione di S. Gio. Battista: e tutto ciò per una divozione antica, voluta ed imposta, si dice, dai loro antenati, a tutti i loro discendenti». In concomitanza con la fabbrica della chiesa aumenta anche la generosità dei parrocchiani. Nel 1634 Bernardino q. Giacomo Bordiga lascia alla Comunità, per la celebrazione di Messe quotidiane, parecchi immobili e l’anno dopo stabilisce un legato di lire 200 da unire ad un altro lasciato dal nonno materno alla Scuola del SS. Sacramento da investire in beni per mantenere in Zone un cappellano che celebri all’altare della Confraternita. Dal 1645 al 1660 i legati per le Confraternite del SS. Sacramento e del Rosario e le relative cappellanie vanno sempre più aumentando. Nel 1703 i cappellani sono tre, dipendenti dal Comune o dalle Confraternite. A don Bartolomeo Sonetti (1727-1767) si devono lasciti vistosi a favore del Pio Luogo della carità antica e per un nuovo concerto di campane. Nel 1797 le cappellanie e i legati sono saliti a dieci e coprono, oltre alla chiesa parrocchiale e le confraternite, anche le chiese di S. Giorgio, dei SS. Ippolito e Cassiano e di S. Antonio. Per dottrina e carità si distingue don Brizio Caldinelli (1807-1844), il quale unisce una grande carità verso i poveri e una povertà scelta come stile di vita. Contestato da parte di qualcuno e assieme amato dalla popolazione, accusato di austriacantismo, don Damiano Bianchi (1852-1871) rinuncia alla parrocchia. Attivo sul piano pastorale, ma anche in quello socio-economico è don Luigi Bettoni (1893-1903). Già curato in luogo, è il promotore instancabile delle attività pastorali e del benessere sociale. Con Gaetano Almici è fautore di una filanda per dare lavoro alle ragazze del paese; nel 1893 promuove la Cassa Rurale e in seguito fonda una Cooperativa. Apre pure, fra mille difficoltà e contrasti, l’asilo infantile. Ne continua l’attività don Vigilio Maranta (1903-1919). Combattivo il parrocchiato di don Carlo Cristini (1919-1935). Si preoccupa subito di creare, nel novembre 1922, un Circolo Cattolico che ha notevole sviluppo e costriusce nel 1924 la Casa dell’Azione Cattolica che adibisce a scuola di catechismo
maschile e femminile, a sala di adunanza dell’Azione Cattolica, a scuole serali di taglio e di cucito. Preso di mira dal fascismo locale, resiste con coraggio e saggezza. Sotto il parrocchiato di don Luigi Martinazzi compare, nel 1953, il bollettino parrocchiale “La famiglia parrocchiale - Lo Spirito”. Al parroco don Luigi Colosio (1958-1968) si devono il nuovo asilo, l’orologio elettronico della torre, i restauri delle chiese (compreso il campanile di S. Antonio e gli affreschi di S. Giorgio di Cislano), dei banchi nuovi della chiesa parrocchiale e il sostegno alla ricostruzione del monumento al Redentore sul monte Guglielmo. Purtroppo, per mancanza di controlli efficaci da parte dell’Amministrazione comunale e per l’irresponsabilità di qualche ecclesiastico, avvengono, nel tempo, dispersioni di opere d’arte e gravi furti che dilapidano parte del patrimonio artistico. Intense invece negli ultimi decenni, grazie ai parroci, alla solerte amministrazione comunale e alla Comunità di Valcamonica, le operazioni di resauro delle opere d’arte delle chiese di Zone. Nel 1968-1969, nella chiesa di S. Giorgio, vengono compiute opere di restauro agli affreschi con nuove scoperte e con recupero a strappo, per collocarli in S. Giorgio, degli affreschi dell’antica casa De Moris (e/o vecchia parrocchiale). Nel 1989 poi, con opere di sterro, la chiesa viene isolata dall’umidità. Nel 1980 l’amministrazione comunale affida all’Enaip di Botticino il restauro della soasa del Fantoni, degli altari laterali, della pala dell’altar maggiore, opera di Angelo Paglia, mentre nel 1990 viene restaurato il sepolcro del Fantoni. A dispetto di tanti sforzi non è mancato un vero assalto al patrimonio di Zone. Rubata e ricuperata più volte, la statua della Madonna di S. Cassiano viene definitivamente collocata nella chiesa parrocchiale. Nell’ottobre 1980 la chiesa parrocchiale di S. Giovanni viene spogliata di numerose opere. A sfida di tanto scempio, negli anni seguenti sono restaurati gli affreschi esterni della chiesa di S. Giorgio, quelli interni di S. Cassiano e opere minori. Chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista. Sorge alla sommità del paese, all’incrocio delle strade che conducono al monte Guglielmo e al borgo di Cusato. La facciata a capanna con quattro lesene, frutto, come ha sottolineato A. Sina, di un «antiestetico prolungamento che ha rotto e sconvolto le linee architettoniche», ha il portale del sec. XVII in pietra di Sarnico con modanature a gola dorica. La porta laterale è in pietra locale con davanti un pronao con volta a crociera, archi a pieno centro su colonne tuscaniche in sarnico su alti piedistalli. Il campanile (sec. XVI) ha base in granito e sezione centrale intonacata, sopraelevato con due ordini di bifore in granito realizzate nel 1696 da Giulio e Giacomo Silva. «L’interno, come hanno scritto Pedersoli e Ricardi (“Guida dei paesi in riva al lago d’Iseo”, p. 474), a una navata, - preceduta da una loggia spuria, costruita negli anni Trenta del sec. XX, ad archi ribassati su due colonne in muratura, - è di stile barocco a linee leggere, definite dall’elegante proporzione fra lunghezza complessiva, altezza e curvatura della volta a botte, cappelle laterali poco profonde di epoche diverse con decorazioni floreali in stucco sugli archi, arco trionfale a pieno centro, cappella maggiore con volta a crociera e finestre unghiate: ricco di capolavori di Andrea Fantoni».
Sulla controfacciata